L.R.
23 gennaio 1997, n. 3 (1).
Riorganizzazione
della rete di protezione sociale regionale e riordino delle funzioni
socio-assistenziali.
(1)
Pubblicata nel B.U. Umbria 29 gennaio 1997, n. 6.
Vedi
L.R. 07 marzo 2002, n. 2 che
modifica l’art. 34 della presente legge.
Vedi
L.R. 24 marzo 2003, n. 5 che
modifica l’art. 43 comma 3 della presente legge.
TITOLO
I
Disposizioni
generali
Art.
1
Oggetto.
1.
La presente legge detta norme per la programmazione, l'organizzazione e la
gestione delle attività e dei servizi sociali, per il riordino delle funzioni
socio-assistenziali dei soggetti pubblici che ne sono titolari nonché per la
loro integrazione con il sistema dei servizi sanitari e dei servizi educativi,
anche ai sensi dell'art. 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Definisce altresì
gli indirizzi per la riorganizzazione della rete di protezione sociale
regionale, per l'affermazione dei diritti sociali di cittadinanza e della
responsabilità dei soggetti istituzionali e sociali per la costruzione di una
comunità solidale.
Art.
2
Finalità
e principi.
1.
Il sistema di protezione sociale è finalizzato a realizzare una rete di
opportunità e di garanzie orientate allo sviluppo umano e al benessere della
comunità, al sostegno dei progetti di vita delle persone e delle famiglie,
all'esercizio di una cittadinanza attiva.
2.
L'ordinamento dei servizi sociali si informa, in via prioritaria, ai seguenti
principi:
a)
universalità degli interventi diretti alla generalità della popolazione;
b)
centralità dell'azione promozionale volta a sviluppare l'autonomia sociale dei
singoli e della comunità;
c)
valorizzazione e sostegno delle reti sociali primarie, in primo luogo le
famiglie, quale ambito di relazioni significative per la crescita, lo sviluppo
e la cura della persona;
d)
sviluppo delle reti comunicative, quale fattore di integrazione e di
autogoverno dei soggetti;
e)
valorizzazione delle risorse solidali e di autorganizzazione della società
nella varietà delle sue libere articolazioni in un contesto di regole
universali definite dal soggetto pubblico.
Art.
3
Funzioni
sociali.
1.
La presente legge disciplina:
a)
le funzioni amministrative relative al settore organico dei servizi sociali
spettanti al Comune, ai sensi dell'art. 9 della legge 8 giugno 1990, n. 142,
salvo quanto espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale e
regionale secondo le rispettive competenze;
b)
le funzioni relative alla organizzazione ed alla erogazione dei servizi
trasferite al Comune ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616;
c)
ogni altra funzione sociale attribuita o delegata al Comune con legge dello
Stato o della Regione;
d)
le funzioni assistenziali spettanti alle Province ai sensi dell'art. 5 della
legge 18 marzo 1993, n. 67.
Art.
4
Destinatari.
1.
Sono destinatari delle prestazioni sociali le cittadine e i cittadini italiani
e stranieri, gli apolidi e i rifugiati residenti in Umbria. Le prestazioni
sociali si estendono altresì alle persone occasionalmente o temporaneamente
presenti in Umbria allorché si trovino in condizioni di difficoltà tali da non
consentire l'intervento da parte dei servizi della Regione o dello Stato di
appartenenza, salvo rivalsa in base alla normativa vigente.
Art.
5
Diritti
sociali di cittadinanza.
1.
Gli interventi sociali garantiscono:
a)
l'eguaglianza di opportunità a condizioni sociali e stati di bisogno
differenti;
b)
il rispetto della dignità della persona con riferimento alle esigenze di
riservatezza delle informazioni che riguardano la sua condizione;
c)
il diritto ad una maternità e paternità consapevole e l'affermazione dei diritti
e del benessere del nascituro;
d)
la conoscenza dei percorsi assistenziali e l'informazione sui servizi
disponibili;
e)
la libertà di opzione tra le prestazioni erogabili nell'ambito del sistema dei
servizi;
f)
l'accesso e la fruibilità delle prestazioni in tempi compatibili con i bisogni.
TITOLO
II
Qualità
sociale
Art.
6
Azioni
positive per la qualità.
1.
Gli Enti locali promuovono azioni positive, a carattere
socio-educativo-culturale, per ricostruire e sviluppare i legami di
condivisione e di appartenenza alla comunità. Tali azioni sono dirette:
a)
a migliorare la qualità delle relazioni interpersonali e la vita quotidiana
anche favorendo lo sviluppo di armoniche relazioni fra le generazioni;
b)
a migliorare la qualità dei contesti urbani e dell'ambiente, la cultura ed il
tempo libero delle persone e delle famiglie;
c)
a ridurre le situazioni di rischio sociale con particolare riferimento ai
bambini e alla donna, agli adolescenti e ai giovani.
2.
Le finalità di cui al comma 1 sono perseguite mediante l'integrazione
progettuale delle risorse formali e informali nonché con programmi
intersettoriali diretti alle aree sociali specifiche: infanzia, età evolutiva,
famiglie e donne, giovani, popolazione anziana.
Art.
7
Attività
sociali di promozione.
1.
Gli Enti locali, anche con l'apporto delle organizzazioni di utilità sociale di
cui all'art. 32, incentivano le attività sociali di promozione. Tali attività
comprendono, fra l'altro, i servizi di comunicazione, di mutualità e di
prossimità.
Art.
8
Servizi
di comunicazione.
1.
I servizi di comunicazione assolvono ad una funzione di informazione,
conoscenza e sostegno sociale diretta a far acquisire ai singoli soggetti
consapevolezza, autonomia e responsabilità per l'esercizio dei diritti di cittadinanza.
Art.
9
Servizi
di mutualità.
1.
I servizi di mutualità favoriscono lo scambio di prestazioni e di tempo fra
persone e gruppi sociali che intendono autorganizzarsi per la realizzazione di
determinati servizi.
2.
I Comuni, al fine di sostenere le reti di mutualità fra i cittadini, singoli o
associati, possono promuovere la costituzione di Centri di riferimento con il
compito di raccogliere e gestire le disponibilità dirette ad impieghi sociali.
Art.
10
Servizi
di prossimità.
1.
I servizi di prossimità sono forniti a livello locale alle famiglie e ai nuclei
di convivenza e sono orientati alle nuove esigenze derivanti dalla
trasformazione delle strutture demografiche, familiari e dei modi di vita. I
servizi si articolano in tre aree:
a)
servizi alle persone anziane attinenti a bisogni di cura e di socializzazione;
b)
servizi di supporto alle famiglie, atti a semplificare la vita quotidiana della
famiglia nello svolgimento di propri compiti e attività;
c)
servizi a struttura comunitaria, rivolti a bisogni sociali collettivi e
riferiti all'intero ciclo di vita.
2.
I servizi di prossimità possono essere realizzati con il coinvolgimento attivo
dei soggetti sociali.
Art.
11
Centro
regionale per l'infanzia e l'età evolutiva.
1.
È istituito presso la Giunta regionale il Centro regionale per l'infanzia e
l'età evolutiva, quale strumento conoscitivo per la programmazione e il
coordinamento delle politiche per l'infanzia. Esso svolge, mediante le
strutture della Giunta regionale, i seguenti compiti:
a)
attività di documentazione, studio, ricerca sulla condizione di vita
dell'infanzia delle donne e delle famiglie a supporto dell'Osservatorio di cui
all'art. 37 e delle attività di programmazione dei soggetti pubblici;
b)
elaborazione di linee di indirizzo e di intervento in relazione ai diritti, ai
bisogni e ai doveri dell'età evolutiva, alla promozione del benessere
dell'infanzia, alla responsabilità degli adulti nonché alla definizione di
piani intersettoriali di azione per l'infanzia;
c)
promozione di forme di partecipazione delle bambine e dei bambini alla
progettazione di spazi ed interventi che li riguardano;
d)
monitoraggio della qualità degli interventi e dei servizi per l'infanzia e
valutazione dell'efficienza e dell'efficacia.
2.
La Giunta regionale promuove, mediante l'attività del Centro, raccordi
interistituzionali per il coordinamento delle attività rivolte all'infanzia,
attraverso forme di partecipazione, accordi di programma, rapporti
convenzionali con i Comuni, le Province e gli altri soggetti pubblici e
privati.
Art.
12
Servizi
per la maternità e paternità responsabile.
1.
La Regione individua con il piano sociale i servizi rivolti alla tutela sociale
della maternità e alla promozione di una paternità responsabile anche con l'obiettivo
di rimuovere gli ostacoli che limitano il diritto alla procreazione libera e
consapevole. Tali servizi si integrano con quelli previsti dal piano sanitario
regionale.
TITOLO
III
Interventi
sociali
Art.
13
Interventi
socio-assistenziali.
1.
Gli interventi socio-assistenziali hanno natura solidaristica e sono rivolti a
persone, famiglie e aree sociali svantaggiate, mediante azioni di supporto
integrative ovvero sostitutive di funzioni proprie della rete sociale primaria.
2.
Gli interventi di cui al comma 1 sono definiti dai soggetti titolari sulla base
di una analisi integrata dei bisogni e delle problematiche presenti nell'ambito
familiare e nel contesto di riferimento.
3.
Gli interventi socio-assistenziali in particolare comprendono: i servizi
domiciliari, gli interventi di sostegno economico, i servizi per l'alloggio, i
servizi semi-residenziali e residenziali, gli interventi di accoglienza e
sostegno sociale e la tutela sociale dei minori.
Art.
14
Servizi
domiciliari.
1.
I servizi domiciliari si configurano come un insieme coordinato di attività
socio-assistenziali e socio-educative, rese al domicilio di persone di
qualsiasi età, che vivono una condizione di dipendenza e di famiglie o nuclei
di convivenza con soggetti non autosufficienti, a sostegno delle competenze
genitoriali e degli impegni di cura quotidiani.
2.
Le prestazioni sanitarie, erogate in forma integrata con quelle
socio-assistenziali-educative, sono assicurate dal Servizio sanitario regionale
tramite i propri presidi.
Art.
15
Interventi
di sostegno economico.
1.
Gli interventi di sostegno economico sono diretti a persone, famiglie e nuclei
di convivenza sprovvisti delle risorse necessarie a soddisfare i bisogni
fondamentali della vita quotidiana e comprendono:
a)
contributi economici continuativi;
b)
contributi "una tantum" per situazioni di emergenza individuale o
familiare.
2.
Possono essere previste piccole anticipazioni a titolo di prestito senza
interessi, attraverso apposite convenzioni con istituti di credito e sulla base
di piani di restituzione concordati, in favore di famiglie con figli e di
persone sole o con figli, in gravi e temporanee difficoltà finanziarie.
3.
I Comuni disciplinano con apposito regolamento gli interventi di cui ai commi 1
e 2, nell'ambito dei criteri definiti dal piano sociale regionale.
Art.
16
Servizi
per l'alloggio.
1.
I Comuni, per far fronte a stati di bisogno abitativo di soggetti cui siano
accertate particolari condizioni di debolezza, con riferimento all'età,
all'assenza di reti familiari, alle condizioni di salute, sociali ed
economiche, provvedono:
a)
ad interventi di manutenzione e di adeguamento di alloggi;
b)
alla concessione di contributi per l'installazione di servizi ad uso domestico;
c)
all'integrazione parziale o totale dei canoni di locazione;
d)
alla stipula di convenzioni anche tramite gli IERP con soggetti privati
proprietari di immobili da destinare ad abitazioni.
2.
I Comuni provvedono all'utilizzazione degli immobili, di cui alla lettera d)
del comma 1, mediante la formazione di apposite graduatorie.
3.
Per il soddisfacimento del fabbisogno abitativo di soggetti fruenti di
intervento socio-terapeutico e per la realizzazione di servizi residenziali di
tipo comunitario, si applicano le disposizioni previste dalla normativa
regionale vigente.
4.
Ai sensi dell'art. 4 della legge 17 febbraio 1992, n. 179, la Giunta regionale
destina, nell'ambito dei programmi di edilizia residenziale pubblica, quota
parte delle risorse finanziarie alla realizzazione ed al recupero di alloggi
per far fronte a stati di bisogno abitativo, anche a favore di soggetti
socialmente deboli.
Art.
17
Servizi
semiresidenziali e residenziali.
1.
I servizi semiresidenziali comprendono attività assistenziali, parzialmente
tutelari e di promozione, dirette a gruppi di persone, per più ore al giorno e
per più giorni alla settimana. Tali servizi in relazione ai caratteri
dell'utenza, possono integrare gli interventi di assistenza domiciliare, essere
luogo di cura della persona, di socializzazione e di promozione culturale.
2.
I servizi residenziali sono finalizzati all'accoglienza, temporanea o stabile,
di persone le cui esigenze assistenziali non possono trovare soluzione adeguata
mediante gli altri interventi di cui alla presente legge. Vengono di norma privilegiati
servizi residenziali a struttura familiare e comunitaria per consentire
relazioni sociali personalizzate e condivisione delle condizioni di vita.
Art.
18
Accoglienza
e sostegno sociale.
1.
Per i soggetti in condizioni di dipendenza, soli o in famiglia, può essere
prevista, a sostegno o ad integrazione delle funzioni assolte dalla rete
familiare, l'ospitalità diurna e temporanea, presso famiglie di appoggio o
singole persone con il consenso degli interessati e nell'ambito di un continuo
rapporto con i servizi sociali.
2.
In favore delle famiglie o singole persone che accolgano i soggetti di cui al
comma 1 può essere corrisposto un assegno di cura nell'ambito di criteri
stabiliti dal piano sociale regionale.
Art.
19
Emergenza
assistenziale.
1.
L'emergenza assistenziale si propone di offrire sostegno domiciliare e
immediata accoglienza alle persone che per qualsiasi motivo ne abbiano
necessità mediante la disponibilità di strutture e risorse di tipo
residenziale. In particolare tali interventi sono rivolti:
a)
ai minori per i quali si deve disporre un immediato allontanamento
dall'ambiente familiare ai sensi dell'art. 333 del codice civile;
b)
agli adulti, minori e genitori in situazioni di grave difficoltà sociale;
c)
alle donne sole e con figli, vittime di maltrattamenti, violenza ed abuso
sessuale.
Art.
20
Tutela
sociale dei minori.
1.
I Comuni provvedono agli interventi di tutela sociale in favore dei minori
soggetti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria, a norma delle leggi
vigenti, per inidoneità temporanea della famiglia e per situazioni di abbandono
materiale e morale.
2.
I Comuni adottano piani socio-educativi-assistenziali, in collaborazione con i
servizi minorili del Ministero di grazia e giustizia, in attuazione del D.P.R.
22 settembre 1988, n. 448.
3.
I Comuni promuovono:
a)
le attività sociali connesse all'istituto dell'affidamento di cui alla legge 4
maggio 1983, n. 184;
b)
le attività sociali di prevenzione dirette a minori, adolescenti e giovani, ai
sensi della legge 19 luglio 1991, n. 216 e del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309,
in collaborazione con i servizi sanitari ed educativi.
4.
I Comuni singoli o associati, possono costituire Uffici di protezione dei
minori attivi sul territorio e spazi aperti al servizio di tutti i cittadini,
in particolare per le problematiche giovanili.
TITOLO
IV
Discipline
normative concorrenti
Art.
21
Servizi
per la prima infanzia.
1.
Le tipologie e le caratteristiche qualitative dei servizi per la prima infanzia
sono definiti sulla base della L.R. 2 giugno 1987, n. 30.
Art.
22
Tutela
psico-affettiva dei minori ricoverati nei presidi ospedalieri.
1.
La tutela dei minori che usufruiscono dei servizi erogati dalle Aziende
sanitarie regionali è garantita nei modi previsti dagli artt. 9 e 10 della L.R.
20 maggio 1987, n. 27.
Art.
23
Azioni
per l'assistenza ai disabili.
1.
I Comuni e le Unità sanitarie locali assicurano, in armonia con la legislazione
vigente in materia di integrazione fra le attività socio-assistenziali e
sanitarie e nell'ambito delle proprie organizzazioni di assistenza ai disabili,
l'attività di sostegno per garantire a coloro che non sono in grado di
provvedere ai propri bisogni, la gestione delle risorse patrimoniali.
2.
Al fine di favorire il recupero e l'inserimento sociale degli assistiti e in
generale il miglioramento delle loro condizioni di vita, l'attività di cui al
comma 1 è svolta in collaborazione con i soggetti che esercitano, sia per legge
che di fatto, funzioni tutorie o di assistenza nei confronti degli stessi ed in
particolare con i giudici tutelari ove essi ne facciano richiesta.
3.
La Giunta regionale, al fine di un efficace espletamento delle attività del
comma 1 e della loro coerenza con gli indirizzi della legislazione e della
programmazione regionale, definisce con propri atti i criteri per
l'organizzazione ed il funzionamento delle attività stesse, le forme di
collaborazione con le organizzazioni di volontariato e con le famiglie degli
assistiti, nonché le modalità per l'amministrazione delle risorse patrimoniali
degli assistiti in caso di delega dei medesimi o dei rispettivi aventi titolo.
Art.
24
Interventi
per l'assistenza, l'integrazione sociale ed i diritti delle persone disabili.
1.
Il piano sociale regionale indica gli obiettivi prioritari tra quelli previsti
dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104. Individua inoltre i principali fattori di
integrazione in particolare nei seguenti ambiti:
a)
l'inserimento scolastico e la formazione;
b)
l'inserimento lavorativo;
c)
la mobilità, come possibilità di muoversi liberamente sul territorio.
2.
La Giunta regionale ripartisce fra i Comuni con le modalità previste dall'art.
46 i fondi per l'integrazione degli interventi regionali in favore dei
disabili.
3.
I Comuni provvedono ad attivare e coordinare le risorse sociali ed economiche
presenti nel territorio per la realizzazione degli interventi diretti
all'inserimento e al reinserimento sociale dei soggetti disabili.
Art.
25
Inserimento
lavorativo.
1.
Gli Enti gestori possono istituire appositi servizi con l'obiettivo di
promuovere e favorire l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Tali servizi,
d'intesa con quelli che erogano prestazioni terapeutiche, assistenziali,
educative e formative, elaborano e predispongono attraverso specifici strumenti
di mediazione progetti individuali finalizzati all'inserimento lavorativo.
2.
La Regione al fine di sostenere le attività di tali servizi, promuove il
raccordo tra i soggetti istituzionali e sociali interessati ed attiva proprie
iniziative nell'ambito delle politiche attive del lavoro e della formazione
professionale.
3.
I Comuni che intendono affidare servizi ai sensi dell'art. 5 della legge 8
novembre 1991, n. 381, ne definiscono le quote in sede di approvazione dei
bilanci.
Art.
26
Azioni
positive in favore degli immigrati extracomunitari.
1.
Per specifiche azioni positive in favore degli immigrati extracomunitari si
rinvia alla L.R. 10 aprile 1990, n. 18 e successive modificazioni, ed alla
normativa statale in materia.
Art.
27
Azioni
positive in favore dei nomadi.
1.
Per specifiche azioni positive in favore dei nomadi si rinvia alla L.R. 27
aprile 1990, n. 32.
TITOLO
V
Soggetti
Art.
28
Il
Comune.
1.
Il Comune, titolare delle funzioni in materia di assistenza sociale, concorre
alla formazione degli atti di programmazione regionale in materia
socio-assistenziale, promuove l'attivazione ed il raccordo di tutte le risorse
pubbliche, private, di privato sociale, di volontariato e di mutuo aiuto, per
la realizzazione di un sistema articolato e flessibile di attività e servizi
sociali radicati nel proprio territorio e organizzati in favore della comunità.
2.
Il Comune esercita le funzioni amministrative in materia secondo le seguenti
modalità:
a)
individualmente, direttamente o a mezzo di istituzione o di Azienda speciale ai
sensi degli articoli 22 e 23 della legge 8 giugno 1990, n. 142;
b)
in associazione con altro o altri Comuni;
c)
mediante delega di norma pluriennale alla USL nella quale è ricompreso il
proprio territorio;
d)
mediante affidamento della gestione alla Comunità montana di appartenenza.
3.
La gestione associata delle funzioni di cui alla presente legge, si realizza
mediante gli strumenti previsti dagli artt. 24 e 25 della legge 8 giugno 1990,
n. 142.
4.
Nelle aree di attività di cui all'articolo 31, comma 1, l'integrazione dei
servizi di assistenza sociale con quelli sanitari, nel caso in cui gli Enti
locali non si avvalgano dell'istituto della delega, è perseguita mediante
accordi di programma definiti a norma dell'articolo 27 della legge 8 giugno
1990, n. 142 fra il Comune, singolo o associato e la Unità sanitaria locale.
5.
La Giunta regionale, al fine di favorire intese omogenee tra i Comuni che
intendano esercitare le funzioni amministrative secondo le modalità di cui alla
lett. c) del comma 2, emana con atto di indirizzo e coordinamento i modelli
organizzativi per le Unità sanitarie locali all'interno dei quali i Comuni
effettuano l'opzione.
Art.
29
La
Regione.
1.
La Regione, nell'ambito degli indirizzi e degli obiettivi generali della
programmazione e con il concorso delle istituzioni pubbliche e dei soggetti
privati, adotta il piano sociale regionale.
2.
La Regione provvede inoltre:
a)
a ripartire le risorse del Fondo sociale regionale secondo le modalità previste
all'art. 46;
b)
a verificare l'attuazione del Piano, da parte dei soggetti pubblici e privati,
con riferimento agli obiettivi, alle priorità, allo stato dei servizi, alla
qualità degli interventi ed ai progetti sperimentali;
c)
a curare l'assistenza tecnica agli enti gestori degli interventi di cui alla
presente legge;
d)
ad emanare atti di indirizzo e di coordinamento attinenti ad esigenze di
carattere unitario nel territorio regionale.
Art.
30
La
Provincia.
1.
La Provincia, nelle materie di cui alla presente legge ed ai sensi dell'art.
14, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142:
a)
concorre alla elaborazione del piano sociale regionale;
b)
promuove forme di assistenza tecnica ai Comuni per la realizzazione di
interventi socio-assistenziali e forme di coordinamento per progetti di
rilevante interesse sovracomunale in collaborazione con i soggetti sociali presenti
sul territorio;
c)
esercita le funzioni assistenziali, di cui all'art. 5 della legge 18 marzo
1993, n. 67, promuovendo la collaborazione dei comuni interessati al fine di
garantire interventi integrati;
d)
gestisce la formazione professionale degli operatori sociali, in coerenza con
le indicazioni del piano sociale regionale;
e)
cura, in raccordo con l'osservatorio sociale di cui all'art. 37 un sistema di
documentazione delle conoscenze e delle esperienze attinenti le attività di cui
alle lettere b) e c).
Art.
31
Attribuzione
funzionale alle Unità sanitarie locali delle attività sociali a rilievo
sanitario.
1.
Sono considerate attività sociali a rilievo sanitario quelle finalizzate al raggiungimento
di obiettivi di natura sociale, educativa, assistenziale atte a rimuovere o
ridurre le condizioni di dipendenza derivate da stati patologici o
prepatologici a rischio o da menomazione permanente sia fisica che psichica
quali:
a)
assistenza e riabilitazione dei disabili e dei portatori di handicap;
b)
recupero psico-fisico e risocializzazione dei malati mentali;
c)
recupero psico-fisico e risocializzazione dei tossicodipendenti,
alcoldipendenti e malati di AIDS;
d)
assistenza agli anziani parzialmente o totalmente non autosufficienti;
e)
assistenza psico-sociale alla maternità, all'infanzia e all'età evolutiva.
2.
L'Unità sanitaria locale esercita le attività sociali a rilievo sanitario
nonché le altre prestazioni socio-assistenziali eventualmente delegate dai
Comuni ai sensi del comma 3 dell'art. 3 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni, direttamente, tramite presidi e servizi propri o
convenzionati anche ai sensi della legge 8 novembre 1991, n. 381.
3.
La Giunta regionale predispone con proprio atto un quadro di riferimento per le
attività sociali a rilievo sanitario provvedendo tra l'altro all'analisi dei
costi.
4.
La suddivisione tra componente sanitaria e sociale all'interno delle attività
sociali a rilievo sanitario è demandata a direttive della Giunta regionale
redatte sulla base dell'analisi dei costi di cui al comma 3, previo parere
obbligatorio delle Conferenze dei Sindaci e sentiti i direttori generali delle
Unità sanitarie locali.
Art.
32
Organizzazioni
di utilità sociale.
1.
La Regione riconosce il ruolo della cooperazione sociale e del volontariato,
nonché la rilevanza sociale ed economica dell'azione di associazioni, enti ed
istituzioni pubbliche e private aventi fine solidaristico nella produzione di
servizi e prestazioni sociali alla collettività, promuovendo la costruzione di
un sistema di responsabilità condivise fra soggetti istituzionali e soggetti
sociali, compreso il sistema delle famiglie.
2.
Le organizzazioni, di cui al comma 1, concorrono alla realizzazione degli
obiettivi e alla gestione delle attività sociali purché gli atti costitutivi o
gli statuti prevedano espressamente:
a)
lo svolgimento, come oggetto prevalente di attività di utilità sociale rivolte
alla collettività nei settori dell'assistenza, beneficenza, cooperazione allo
sviluppo, istruzione, sanità, tutela naturalistica e dell'ambiente, cultura,
sport;
b)
la destinazione totale degli utili e degli avanzi di gestione a scopi
istituzionali e il divieto di cedere beni o di prestare servizi anche diversi
da quelli propri dell'organizzazione a condizioni più favorevoli a soci e a
quanti operano per l'organizzazione o ne fanno parte;
c)
la democraticità della vita interna nonché la volontarietà delle adesioni, ad
esclusione delle fondazioni e degli istituti di ispirazione religiosa, la
pubblicità degli atti e dei registri.
3.
I Comuni favoriscono le attività delle organizzazioni di utilità sociale
mettendo a disposizione risorse strumentali e di servizio.
Art.
33
Convenzioni.
1.
Gli Enti gestori dei servizi, di cui alla presente legge, per la loro
realizzazione possono stipulare apposite convenzioni o accordi, anche per
singole prestazioni e sperimentazioni, con i soggetti di cui all'art. 32.
2.
I rapporti di convenzionamento con le cooperative sociali e con le associazioni
di volontariato sono regolati, rispettivamente, dalla L.R. 2 novembre 1993, n.
12 e dalla L.R. 25 maggio 1994, n. 15. Forme diverse di collaborazione possono
essere stipulate purché almeno contengano:
a)
le finalità, l'oggetto e la relativa durata;
b)
l'indicazione delle risorse finanziarie utilizzate e la loro destinazione;
c)
l'indicazione del numero e delle caratteristiche professionali degli operatori
con specifica distinzione del personale dipendente e degli operatori volontari;
d)
la previsione di forme di coordinamento tecnico dei servizi, nonché di verifica
in ordine alla attuazione degli interventi ed ai risultati finali.
TITOLO
VI
Strumenti
Art.
34
Piano
sociale regionale.
1.
Il piano sociale regionale è lo strumento di governo del sistema dei servizi e
delle attività sociali mediante il quale la Regione definisce gli indirizzi,
gli obiettivi, le priorità sociali, gli ambiti territoriali ottimali per la
programmazione e la gestione degli interventi sociali ed i criteri per la
relativa attuazione (2).
1-bis.
Gli ambiti territoriali ottimali di cui al comma 1, sono definiti secondo la
procedura partecipativa prevista dall'articolo 13 della L.R. 14 ottobre 1998,
n. 34 (3).
2.
Il piano individua i principali fattori di sviluppo e di rischio come elementi
di orientamento per gli interventi dei piani settoriali nelle materie di
competenza regionale.
3.
Il piano in particolare definisce:
a)
i progetti e le azioni programmate;
b)
le tipologie dei servizi con particolare riferimento ai servizi sociali
innovativi;
c)
gli standard di qualità e di idoneità dei servizi, delle strutture
residenziali, semiresidenziali e diurne, nonché i conseguenti criteri di
accreditamento;
d)
le modalità di verifica sullo stato dei servizi e la qualità degli interventi
mediante un apposito sistema di indicatori;
e)
gli indirizzi e i criteri per la formazione, la riqualificazione e
l'aggiornamento di tutti gli operatori impegnati in attività sociali e servizi
di cui alla presente legge.
4.
Il piano contiene inoltre le azioni a sostegno della crescita dei soggetti di
cui all'art. 32, nonché la definizione degli ambiti prioritari di riferimento e
di intervento delle diverse e specifiche soggettività.
5.
Il piano sociale si integra con il Piano sanitario, in particolare per le
materie di cui all'art. 31.
6.
Il piano sociale ha durata triennale ed è approvato dal Consiglio regionale su
proposta della Giunta, prima della scadenza di quello vigente di cui è
prorogata l'efficacia fino all'entrata in vigore del nuovo piano.
7.
La Giunta regionale sulla base degli indirizzi e in attuazione del piano
sociale regionale approva il programma annuale degli interventi, con il quale
provvede alla ripartizione del Fondo sociale regionale, ai sensi dell'art. 46.
Art.
35
Programmi
degli enti locali.
1.
I Comuni, nell'ambito degli indirizzi del piano sociale regionale predispongono
anche in forma associata negli ambiti territoriali ottimali definiti dal piano sociale
regionale , il programma pluriennale delle attività, finalizzato alla
realizzazione degli obiettivi della programmazione regionale o di obiettivi
sociali di rilevanza locale anche in relazione ai fenomeni del disagio e
dell'esclusione sociale (4).
2.
I programmi di cui al comma 1 indicano tra l'altro:
a)
le risorse umane, finanziarie e strumentali da utilizzare;
b)
le modalità di integrazione e di coordinamento del complesso delle attività
sociali con quelle sanitarie ed educative.
3.
I Comuni, entro il 31 marzo di ciascun anno, trasmettono alla Giunta regionale
una relazione nella quale si evidenzia:
a)
lo stato di attuazione del programma pluriennale, con particolare riferimento
all'impiego delle risorse finanziarie trasferite dalla Regione;
b)
le situazioni di bisogno sociale emergenti con eventuali proposte di modifica
ed integrazione del piano sociale regionale.
4.
I Comuni promuovono, con le modalità previste nei propri statuti e regolamenti,
il coinvolgimento dei cittadini e delle loro organizzazioni, alla definizione
della programmazione nonché al controllo ed alla gestione sociale delle
attività dei servizi territoriali.
5.
I Comuni, nell'ambito delle proprie attività istituzionali, garantiscono ai
minori i diritti di manifestazione del pensiero, in particolare adottando le
opportune forme di partecipazione delle bambine e dei bambini su questioni che
interessano la loro condizione di vita, con particolare riferimento alla
organizzazione sociale urbana.
Art.
36
Rapporti
Regione Enti locali e partecipazione.
1.
La Giunta regionale, al fine di garantire un efficace sistema di relazioni
istituzionali fra Regione, Province, Comuni e Comunità montane nella
elaborazione della programmazione sociale, promuove appositi incontri della
Conferenza permanente delle Autonomie locali.
2.
La Regione promuove periodicamente e comunque almeno una volta l'anno, incontri
partecipativi con i soggetti sociali che concorrono alla realizzazione delle
finalità di cui alla presente legge.
Art.
37
Osservatorio
sociale regionale.
1.
È istituito, presso la Giunta regionale l'Osservatorio sociale con il compito
di acquisire un quadro conoscitivo della realtà regionale, a supporto
dell'attività di programmazione e verifica degli interventi di politica
sociale.
2.
L'Osservatorio in particolare:
a)
fornisce una ricognizione ed una interpretazione dello stato e dell'evoluzione
dei bisogni sociali della popolazione, nonché dei processi sociali ad essi
sottesi, anche effettuando ricerche ed indagini;
b)
valuta la rispondenza fra risorse impiegate, livelli di attività e grado di
soddisfazione dei bisogni;
c)
valuta i contenuti sociali e i modelli organizzativi del sistema dei servizi
sociali e dei servizi di area sociale.
3.
L'Osservatorio collabora con i soggetti sociali e garantisce il raccordo fra i
singoli osservatori, uffici, enti ed istituti di ricerca avvalendosi di uno
specifico sistema di rilevazione, osservazione e monitoraggio.
4.
L'Osservatorio si può articolare in sezioni di ricerca.
5.
Il Consiglio regionale provvede con proprio atto amministrativo a definire
composizione e modalità di funzionamento dell'Osservatorio.
Art.
38
Formazione
professionale.
1.
La Regione individua nella formazione permanente nella formazione in servizio e
nell'aggiornamento del personale impegnato nello svolgimento delle attività
sociali di cui alla presente legge lo strumento fondamentale di efficienza
organizzativa e di efficacia qualitativa del sistema dei servizi sociali.
2.
Le Province, sulla base dei criteri indicati dal piano sociale regionale e dei
fabbisogni formativi individuati annualmente dai Comuni e dalle Unità sanitarie
locali, predispongono azioni formative dirette a tutti i soggetti che
concorrono alla realizzazione degli interventi e dei servizi sociali con le
modalità previste dal piano regionale di formazione.
TITOLO
VII
Assetto
organizzativo
Art.
39
Assetto
organizzativo dei servizi.
1.
L'ente pubblico gestore organizza, nell'ambito della propria autonomia l'esercizio
delle funzioni sociali garantendo la direzione unitaria degli interventi e
degli adempimenti amministrativi la territorializzazione di un sistema di
servizi a rete e l'attuazione degli interventi mediante l'impiego di équipe
interprofessionali territoriali.
2.
Le funzioni di direzione e di coordinamento sono assicurate da operatori con
profilo professionale in materia sociale (5).
3.
Le attività sociali che derivano dalle funzioni proprie dei Comuni sono
realizzate su base territoriale. Il distretto è individuato quale ambito
territoriale per la gestione in forma integrata delle attività
socio-assistenziali con quelle sanitarie facenti capo ai presidi dell'Unità
sanitaria locale di appartenenza.
4.
I Sindaci dei Comuni ricompresi in un unico ambito distrettuale individuano fra
gli operatori di cui al comma 2 un coordinatore sociale che collabora con il
coordinatore sanitario di distretto.
Art.
40
Organizzazione
dei servizi di assistenza sociale nella Unità sanitaria locale.
1.
Per la gestione delle attività sociali a rilievo sanitario di cui all'art. 31 o
di quelle eventualmente delegate dai Comuni alla Unità sanitaria locale, è
istituito, in ognuna di queste, il Servizio di assistenza sociale a cui è
preposto un responsabile con la funzione di coordinatore sociale in conformità
al disposto dell'art. 3, commi 3 e 4, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e
successive modificazioni.
2.
Il direttore generale dell'Unità sanitaria locale nomina, d'intesa con la Conferenza
dei sindaci, il coordinatore sociale e ne attribuisce il relativo onere.
3.
Il coordinatore sociale deve possedere i requisiti per l'accesso alle funzioni
dirigenziali previste dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nonché un adeguato
curriculum professionale e formativo in materia sociale.
4.
Spettano al coordinatore sociale, ai sensi dell'art. 3, comma 7, del D.Lgs. 30
dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, i seguenti compiti:
a)
elaborare proposte di organizzazione del servizio e di attuazione dei
programmi;
b)
verificare l'attuazione dei programmi di attività;
c)
curare l'integrazione con le attività sanitarie.
Art.
41
Il
personale.
1.
Lo svolgimento delle attività sociali è garantito dal personale addetto
all'esercizio delle funzioni socio-assistenziali in servizio presso i Comuni,
le Unità sanitarie locali, le Province e la Regione e dagli operatori del
settore privato, in particolare dell'area no-profit.
Art.
42
Compartecipazione
al costo dei servizi.
1.
L'accesso alle prestazioni prescinde dalle condizioni economiche e sociali
degli utenti.
2.
Gli enti pubblici e quelli morali che gestiscono le attività di cui alla
presente legge possono prevedere forme di compartecipazione alle spese da parte
degli utenti o dei loro familiari sulla base dei criteri stabiliti dal piano
sociale, garantendo comunque ai soggetti fruitori delle prestazioni la
conservazione di
una
quota del reddito da utilizzare per esigenze personali.
Art.
43
Autorizzazione
al funzionamento dei servizi residenziali, semiresidenziali e diurni.
1.
I servizi a carattere residenziale, semiresidenziale e diurno, pubblici e
privati, devono corrispondere agli standard di idoneità e di qualità stabiliti
nel piano sociale regionale (6).
2.
L'autorizzazione è rilasciata dal Sindaco del Comune ove la struttura intende
operare previo accertamento del possesso dei requisiti previsti. Qualora, in
caso di verifica, vengano meno tali condizioni, il Sindaco provvede alla revoca
dandone comunicazione alla Giunta regionale.
3.
La Giunta regionale disciplina con apposito atto di indirizzo i criteri per la
vigilanza e la verifica del permanere delle condizioni e dei requisiti.
Art.
44
Vigilanza
e controllo.
1.
Le funzioni amministrative regionali di vigilanza e controllo sulle istituzioni
pubbliche e private che perseguono le finalità di cui alla presente legge sono
delegate ai Comuni nel cui territorio esercitano le attività.
2.
Sono delegate ai Comuni le funzioni amministrative regionali di vigilanza e di
controllo sugli istituti pubblici e privati per l'assistenza di cui alla legge
17 luglio 1890, n. 6972.
3.
Nell'ambito delle funzioni di indirizzo e di coordinamento spettano alla Giunta
regionale compiti di verifica in ordine all'esercizio della delega da parte dei
Comuni ed alla rispondenza dei servizi resi ai criteri di accreditamento
stabiliti nel piano sociale regionale.
Art.
45
Fondo
sociale regionale.
1.
Per il conseguimento delle finalità di cui alla presente legge è istituito,
nello stato di previsione della spesa del bilancio regionale, a decorrere
dall'esercizio 1997, un capitolo denominato "Fondo sociale regionale per
l'espletamento dei servizi in materia sociale e socio-assistenziale", così
costituito:
a)
fondo integrativo per l'attuazione dei servizi sociali e socio-assistenziali da
parte dei Comuni;
b)
fondo integrativo per interventi sociali e socio-assistenziali a favore dei
soggetti disabili;
c)
fondo integrativo per il funzionamento della Casa di riposo ex ONPI;
d)
fondi previsti per leggi abrogate.
Art.
46
Criteri
di ripartizione e gestione del Fondo sociale regionale.
1.
Il fondo integrativo per l'espletamento dei servizi socio-assistenziali da
parte dei Comuni viene ripartito entro il 31 marzo di ogni anno dalla Giunta
regionale con il programma annuale come segue:
a)
una quota con vincolo di destinazione a favore dei Centri sociali e delle
Università della terza età;
b)
il rimanente come appresso:
a)
il 60 per cento fra tutti i comuni in proporzione alla popolazione residente
(7);
b)
il 20 per cento al fine di incentivare le forme di gestione associativa fra i
comuni dell'ambito territoriale (8);
c)
il 15 per cento per il funzionamento di progetti di innovazione sociale
previsti dal piano sociale regionale (9);
d)
il 5 per cento per iniziative dirette della Regione (10);
2.
La quota di cui alla lettera b) sub II) e III) del comma 1, non attribuita alla
data del 30 settembre viene ripartita tra tutti i Comuni ai sensi della lettera
b) sub I).
3.
La quota del fondo integrativo regionale non può in ogni caso superare
l'importo destinato a tale fine dal Comune, esclusi gli oneri per il personale
amministrativo.
4.
Il fondo integrativo per interventi a favore dei soggetti disabili viene ripartito
con atto della Giunta regionale tra tutti i Comuni come segue:
a)
40 per cento in proporzione alla popolazione residente nel penultimo anno
antecedente a quello della devoluzione;
b)
40 per cento in proporzione al numero dei soggetti portatori di handicap gravi
e gravissimi, assistiti dai servizi nell'anno antecedente, in ciascun Comune;
c)
20 per cento per il finanziamento di progetti sperimentali previsti nel piano
sociale regionale. La presente quota non assegnata alla data del 30 settembre
viene ripartita con gli stessi criteri di cui alle lettere precedenti.
5.
Le somme di cui ai commi 1 e 4 verranno individuate annualmente con legge di
bilancio.
TITOLO
VIII
Norme
finali
Art.
47
Abrogazione
di norme.
1.
Sono abrogate le seguenti leggi regionali:
a)
L.R. 23 febbraio 1973, n. 12;
b)
L.R. 6 marzo 1975, n. 11;
c)
L.R. 1° settembre 1977, n. 54;
d)
L.R. 31 maggio 1982, n. 29;
e)
L.R. 26 aprile 1985, n. 28;
f) L.R. 9 agosto 1991, n. 22;
g)
L.R. 24 dicembre 1992, n. 24;
h)
L.R. 10 aprile 1995, n. 27;
i)
ogni altra norma regionale relativa all'organizzazione e gestione dei servizi
socio-assistenziali che risulti incompatibile con quelle della presente legge.
Art.
48
Norme
transitorie.
1.
Il piano sociale regionale di cui all'art. 34, è approvato entro 180 giorni
dalla entrata in vigore della presente legge.
2.
Nelle more dell'approvazione del piano sociale, la Giunta regionale provvede
comunque al riparto dei fondi con vincolo di destinazione secondo le modalità
stabilite all'art. 46.
3.
I titolari dei servizi di cui all'art. 43 e già autorizzati all'entrata in
vigore della presente legge provvedono, entro 180 giorni dalla pubblicazione
del piano sociale, all'adeguamento agli standard in esso previsti ed al rinnovo
della richiesta di autorizzazione. Decorso tale termine le autorizzazioni si
intendono revocate.
4.
I procedimenti in atto alla data di entrata in vigore della presente legge e
disciplinati dalle norme abrogate dall'articolo 47 sono portati a compimento ai
sensi delle stesse.
(2)
Gli attuali commi 1 e 1-bis così sostituiscono l'originario comma 1 per effetto
di quanto disposto dall'art. 88, comma 1, L.R. 2 marzo 1999, n. 3.
(3)
Gli attuali commi 1 e 1-bis così sostituiscono l'originario comma 1 per effetto
di quanto disposto dall'art. 88, comma 1, L.R. 2 marzo 1999, n. 3.
(4)
Comma così modificato dall'art. 88, comma 2, L.R. 2 marzo 1999, n. 3.
(5)
Comma così modificato dall'art. 33, L.R. 20 gennaio 1998, n. 3;
(6)
Comma così modificato dall'art. 33, L.R. 20 gennaio 1998, n. 3;
(7)
Le attuali lettere a), b), c) e d) così sostituiscono gli originari numeri I e
II per effetto di quanto disposto dall'art. 88, comma 3, L.R. 2 marzo 1999, n.
3. Si ritiene che la sostituzione sia relativa anche all'originario numero III
in quanto la lettera d) ne riproduce il contenuto.
(8)
Le attuali lettere a), b), c) e d) così sostituiscono gli originari numeri I e
II per effetto di quanto disposto dall'art. 88, comma 3, L.R. 2 marzo 1999, n.
3. Si ritiene che la sostituzione sia relativa anche all'originario numero III
in quanto la lettera d) ne riproduce il contenuto.
(9)
Le attuali lettere a), b), c) e d) così sostituiscono gli originari numeri I e
II per effetto di quanto disposto dall'art. 88, comma 3, L.R. 2 marzo 1999, n.
3. Si ritiene che la sostituzione sia relativa anche all'originario numero III
in quanto la lettera d) ne riproduce il contenuto.
(10)
Le attuali lettere a), b), c) e d) così sostituiscono gli originari numeri I e
II per effetto di quanto disposto dall'art. 88, comma 3, L.R. 2 marzo 1999, n.
3. Si ritiene che la sostituzione sia relativa anche all'originario numero III
in quanto la lettera d) ne riproduce il contenuto.